Eugenio Montale
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Poeta civile
Incontro con
Paolo Di Sacco
autore di saggi critici e di letterature per la Scuola Secondaria, già docente di Letteratura e Lingua Italiana Università Cattolica
Montale fu un poeta «impegnato»? Ma anzitutto: è giusto pretendere che un poeta, ogni poeta, sia un «impegnato»? Risponderemo sì a entrambe le domande. Ma…
«…Ma l’«impegno» che possiamo chiedere a un poeta non è fare politica, schierarsi ideologicamente ecc. È, semmai, la sensibilità di chi testimonia il presente (il suo e il nostro presente) rivivendolo, trasfigurandolo, universalizzandolo.
Montale proprio questo ha fatto, esemplarmente. La sua è una poesia «civile» nel senso dichiarato da lui:
«Se ho potuto vivere o sopravvivere,
è perché ho avuto una certa fede.
Sarà una fede in cui l’oggetto potrà riuscire oscuro, e che consiste soprattutto nel vivere in dignità di fronte a se stessi, nella speranza che la vita abbia un senso, che razionalmente ci sfugge, ma che vale la pena di sperimentare e di vivere».
Ripercorreremo i momenti più significativi della produzione poetica montaliana. Ci soffermeremo su alcuni grandi testi, dagli Ossi di seppia alla Bufera: metteremo a fuoco La primavera hitleriana e Piccolo testamento. Arriveremo alla corrosiva poetica di Satura, dove il poeta incarna nel modo più diretto il ruolo di coscienza critica del suo tempo. Del nostro tempo.»
(Paolo Di Sacco)