Compagnia Odestrasse
Liberamente ispirato a Frankestein, or the modern Prometheus, di Mary Shelley
regia
Marco Ciccullo e Cornelia Miceli
con
Marco Ciccullo, Enrico Ravano, Edoardo Rivoira
movimenti di scena
Cornelia Miceli
supervisore e tutor del progetto
Massimiliano Speziani
audio luci
Giovanni Tammaro
in ambito
progetto
una produzione
Perché Frankenstein
Leggendo Frankenstein, or the modern Prometheus, c’è un elemento che ha immediatamente attirato la nostra attenzione: Victor Frankenstein è un ragazzo. Il cinema hollywoodiano, nel corso degli anni ci ha abituato a versioni stereotipate e appiattite della figura del protagonista, trasformandolo il più delle volte in un “adulto” scienziato pazzoide, avido di potere. Victor è in realtà poco più che un adolescente; ha da poco iniziato gli studi universitari quando gli viene l’idea di dar vita alla creatura. È un giovane che come tanti è affamato di curiosità e bramoso di conquistarsi un posto nel mondo, di fare qualcosa per cui essere ricordato e riconosciuto. Questo aspetto del romanzo, a differenza della maggior parte delle trasposizioni su pellicola, lo ha reso molto vicino noi; ad un certo modo di essere giovani, forti e ambiziosi, tipico di chi ha la nostra età.
Il giovane Victor Frankenstein, per dedicarsi ai suoi studi sulla rianimazione della materia inerte, si allontana da tutti i suoi affetti, si confina in uno stato di solitudine sia fisico che mentale. Questo affannarsi dietro alla “conoscenza”, questa mania di bandire le malattie del corpo umano, di vincere la morte e quindi di controllare la vita, ci ha aperto anche uno spiraglio di riflessione sul complicato periodo storico che stiamo vivendo. Cosa significa ridare la vita ad un corpo morto? Quali sono le conseguenze dello stravolgimento di questa inevitabile legge naturale? O meglio, come ci poniamo come essere umani di fronte a questo limite che non possiamo valicare? In un periodo come questo, dove la distanza fisica è un tema quanto mai attuale, ci piacerebbe porre l’attenzione sul significato e sulla necessità del contatto tra i Corpi.
Un altro aspetto che ci ha incuriosito del romanzo, è che Victor chiama molto spesso la creatura con il nome di “demone”. Il protagonista si sente perseguitato da questa presenza: la intravede in lontananza tra un folto d’alberi o sul pendio di una montagna, per poi sparire dopo qualche secondo; si percepisce che potrebbe apparire in qualsiasi momento, anche mentre si dorme. Victor non sembra sicuro di quello che vede; In alcuni momenti gli avvistamenti sono solo delle sviste, in altri, i ricordi sono offuscati. Leggendo, viene da domandarsi se questa creatura sia effettivamente stata creata o se invece, non sia solo un frutto dell’immaginazione del suo creatore. Questo è un elemento del romanzo che ci piacerebbe affrontare: il mostro, creato dalla penna di Mary Shelley sembra quasi alludere ad un alter-ego del protagonista. Egli infatti, richiama alla mente la cosiddetta “metà oscura” di ognuno di noi, l’ombra perversa che segue in silenzio, tende agguati dietro l’angolo ed è sempre pronta a prendere il sopravvento sul lato migliore.
Tuttavia, posta in questi termini, una simile opposizione fra i due risulterebbe fin troppo semplice e ovvia. Lo spessore di Mary Shelley invece, sta proprio nel ribaltare la prospettiva narrativa della vicenda, dando voce anche alla creatura stessa, raccontandoci la sua storia e il suo punto di vista su cosa significhi essere creato e gettato in un mondo che non si conosce e che ti rifiuta.
Parodiando il concetto di “a sua immagine e somiglianza”, Frankenstein è molto più simile alla sua creatura di quanto potrebbe sembrare: entrambi sono individui soli, che vivono sulla scia delle loro ossessioni. Creatura e creatore rappresentano un continuum di personalità in un unico essere
Note di Drammaturgia
L’operazione drammaturgica non vuole raccontare una messinscena del testo così come ci viene presentata nel romanzo. Vediamo Frankenstein più come un materiale testuale vivo, che si possa scomporre e ricomporre come i pezzi di un puzzle.
Dalle circa 260 pagine del romanzo, abbiamo fatto un prima selezione di 40, basata sulle parti che maggiormente vogliamo valorizzare. Dopo questa scelta, abbiamo fatto un ulteriore scrematura finale, che attualmente compone la struttura drammaturgica dello spettacolo. Il testo è formato da frammenti: pezzi della vita di Victor Frankenstein vengono assemblati per ricostruire la sua vicenda e quella del mostro da lui creato. La scrittura cerca di creare una sorta di paesaggio della mente, dal quale emergono i ricordi del protagonista: alcuni sono frammentari, incompiuti, altri ancora sono distorti, si mescolano l’uno all’altro; compaiono per poi dissolversi, proprio come dei pensieri.
Note di Regia
Sul palco ci sono tre creature, esperimenti giovanili di Victor Frankenstein. Sono sopravvissute al loro creatore. Vivono sole, ai confini del mondo, esiliate dall’essere umano a causa della loro deformità. Da secoli, non fanno altro che riflettere sulla loro condizione esistenziale: L’immortalità. Come descrivere la solitudine che sentono? Che senso ha questa eterna esistenza che stanno vivendo? Molti sono i pensieri che li attraversano, ma sembrano non arrivare mai a un punto. Ci vorrebbe qualcun altro con cui condividere il peso di questi ricordi. Ma chi? il pubblico? Potrebbe essere questo un modo per ricucire il rapporto con l’essere umano? Forse, condividendo la loro storia, potrebbero finalmente liberarsi dal fardello che li tormenta. Da questo tentativo di riconciliazione ha origine la vicenda dello spettacolo.
Oggetto di studio della nostra compagnia, è la creazione scenica corale. Abbiamo pensato di rivisitare Frankenstein attraverso un coro, e di conseguenza abbiamo scelto di scomporre la creatura in tre elementi per valorizzare alcuni aspetti che c’interessano:
– Il doppio – La creatura è l’alter-ego di Victor e viceversa; sono come i due lati di una stessa medaglia. Questo rapporto ci ha permesso di giocare sull’ambiguità di queste due figure. Ogni creatura racconta un frammento della vita di Victor, prendendo le sue sembianze.
– La narrazione al passato – Nel romanzo la storia ci viene presentata attraverso i racconti che Frankenstein fa a un giovane esploratore. La narrazione è al passato. Da lettori, è come se vedessimo i ricordi e i pensieri del protagonista. Lavorare con un coro, ci permette di avere una pluralità di voci che si accavallano, si contraddicono e si riconciliano, quasi a ricreare l’andamento del pensiero umano.